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Le Donne Italiane Dimenticate: un progetto teatrale per ricordare le vittime delle Foibe in vista delGiorno del Ricordo

Immagine del redattore: Radio One TimeRadio One Time


In vista delle celebrazioni del 10 febbraio, Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle Foibe

e degli esuli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia, l’associazione Stanza 236 APS, martedì 4 febbraio

alle ore 18:00, nella prestigiosa cornice della Sala Laudato Si di Palazzo Senatorio, in Piazza del

Campidoglio a Roma, presenterà in una conferenza stampa il progetto “Le Donne Italiane

Dimenticate”. Una piecè teatrale in cui si raccontano le storie drammatiche di dieci donne: Norma

Cossetto, Libera Sestan, Maria Pasquinelli, Mafalda Codan, Enrichetta Hodl, Albina, Caterina e

Fosca Radecchi, Margherita e Gigliola Sennis, perseguitate, scampate e uccise dai partigiani

comunisti jugoslavi per il solo fatto di essere madri, mogli, figlie e sorelle di italiani.

All’appuntamento interverranno la Presidente di Stanza 236 APS, nonché autrice e regista dello

spettacolo, Cristina Valeri, unitamente al Sen. Roberto Menia, promotore e primo firmatario della

legge istitutiva del Giorno del Ricordo, il Consigliere di Roma Capitale Federico Rocca, moderati

dal giornalista Andrea Titti.

Scopo del progetto è quello di far conoscere all’opinione pubblica le complesse vicende del confine

orientale d’Italia a cavallo del secondo dopoguerra, per molti decenni oscurate dalla storiografia

ufficiale e dalle istituzioni nazionali.

“Come ogni persona nata negli anni ’60 – ha dichiarato Cristina Valeri, Presidente Stanza 236 e

ideatrice del progetto – non ho potuto conoscere e studiare questa pagina di storia, ma leggendo il

libro scritto dal Sen. Roberto Menia “10 Febbraio: dalle Foibe all’Esodo”, mi sono ispirata per

scrivere questo spettacolo, che ha la peculiarità di fornire un punto di vista femminile, poiché mi

sono servita, grazie alla preziosa consulenza storiografica del Dott. Marino Micich, Direttore

dell’Archivio Museo Storico di Fiume di Roma, delle storie di dieci donne straordinarie, che sono

certa sapranno raccontare al meglio un contesto ancora per troppi sconosciuto”.

La rappresentazione sarà messa in scena in molti teatri di Roma e dell’area metropolitana durante

tutto l’anno, partendo dall’esordio il 9 e 10 Febbraio, presso il Teatro Petrolini di Testaccio, sito in

via Rubattino 5 a Roma.

Queste le storie delle donne scelte e narrate dall’autrice:

Norma Cossetto: Nata il 17 maggio 1920 a Santa Domenica di Visinada (Lambinici). Frequentava il

Liceo Classico a Gorizia. Nel 1943 iniziò a preparare la sua tesi dal titolo "L’Istria rossa", dedicata

allo studio del territorio morfologico istriano. Figlia di un podestà del regime, il 26 settembre i

partigiani titini la prelevarono portandola a Visignano nell’ex caserma dei carabinieri. Il 30

settembre, poiché continuava a rifiutare di aderire al Movimento Popolare di Liberazione, fu

violentata da 17 partigiani. Dopo giorni di sevizie, la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943, fu gettata

agonizzante nella foiba di Villa Surani. Medaglia d’Oro alla Memoria della Repubblica, oggi è

simbolo delle donne che hanno subito una sorte simile.

Libera Sestan: Aveva 24 anni e viveva a pochi chilometri da Pisino. Pagò il fatto di essere moglie

di un carabiniere e aveva due figlie piccole. Fu prelevata dai partigiani titini insieme al padre.

Processati come nemici del popolo, furono condannati a morte e, dopo averle bruciato i capelli, fu

gettata nella foiba di Chersano insieme al padre.

Sorelle Radecchi: Albina (21 anni), Caterina (19 anni) e Fosca (17 anni) erano tre sorelle che

lavoravano in fabbrica a Pola e al ritorno dal lavoro si fermavano a parlare con dei militari italiani.

Questa fu la loro colpa. Furono rapite, seviziate e infoibate. Solo Albina, incinta, fu ritrovata con un

colpo di pistola, le altre probabilmente furono gettate vive nella foiba. I loro corpi furono ritrovati

con gli abiti e gli indumenti intimi strappati.

Mafalda Codan: Nata nel 1926, figlia di commercianti e possidenti, insegnante. Fu testimone nel

1943 degli orrori dei partigiani titini quando suo padre e i suoi zii vennero trucidati nella foiba di

Vines. Testimone delle crudeltà gratuite, annotò tutto nel suo diario e per questo, a maggio del

1945, fu rapita e sottoposta al tribunale del Popolo da cui fu condannata come nemica del popolo.


Molte furono le torture e sevizie che subì, assistette impotente alla morte del fratello, infoibato. Fu

imbarcata sulla nave Lina Campanella, la nave fatta saltare sopra le mine stracolma di "nemici del

popolo" perché le foibe erano piene. Si salvò gettandosi in mare. In seguito fu prigioniera, ma con

la sua personalità riuscì ad ottenere lavori che le consentivano di avere contatti con gli altri

prigionieri, che confortava e che la chiamarono la loro "Fatina". Visse fino al 2013.

Enrichetta Hodl: A soli 17 anni fu fatta prigioniera a Fiume dai soldati titini il 4 giugno del 1945.

Un'amica raccontò ai familiari di averla vista in mezzo a due guardie e da allora non se ne seppe

più nulla. Fu riconosciuta in una foto del giornale "La Settimana Incom" in un campo di

concentramento jugoslavo e alcune persone dissero che fu fucilata dietro una chiesa a Tersatto,

ma di lei non si seppe più nulla.

Margherita e Gigliola Sennis (madre e figlia): Gigliola Sennis, figlia di Margherita, era sposata con

un ufficiale del Genio Navale. Per questo, nella notte del 6 maggio 1945, agenti della polizia

politica slava la sequestrarono per essere interrogata. Margherita, insegnante fine, colta e

generosa, si recò al Comando di Polizia dove le diedero una lettera da presentare alle carceri.

Margherita, con in braccio la nipotina, si presentò alle carceri, entrò lasciando la nipotina ad

un'amica che l'aveva accompagnata. Né lei né la figlia uscirono più e di loro non si seppe più nulla.

Maria Pasquinelli: Nata nel 1913, fu una donna di grande coraggio e figura significativa nel

contesto storico dell'Istria e del confine orientale italiano durante e dopo la Seconda Guerra

Mondiale. Insegnante di professione e patriota, fu animata da un grande amore per la patria. Subì

la prigionia da parte dei partigiani titini, e in questo periodo raccolse moltissima documentazione a

testimonianza di ciò che fu il territorio d'Istria nel 1943/1945. Il 10 febbraio 1947, sparò al generale

britannico De Winton come atto di protesta contro l'assegnazione dell'Istria alla Jugoslavia nel

Trattato di Pace di Parigi. Arrestata e successivamente processata, fu condannata ma poi graziata.

Il suo gesto fu interpretato da molti come un'espressione di disperazione e ribellione contro le

decisioni internazionali che modificavano drasticamente le vite delle popolazioni locali. Visse gli

ultimi anni della sua vita lontana dai riflettori. Visse fino al 2013.

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